La multinazionale raggiunge un accordo e chiude una class action pagando negli Usa 5 miliardi di dollari.
Il fatto che Google sia stata costretta a patteggiare, siglando un accordo preliminare che comporterà un esborso di almeno 5 miliardi di dollari, può aprire una pagina nuova in tutto il mondo occidentale. Ogni ordinamento giuridico che si rispetti, infatti, deve proteggere la privacy di ognuno e, oltre a ciò, impedire comportamenti fraudolenti. Se l’azienda americana ha accettato di risolvere in modo talmente oneroso una delle più grandi class action della storia è perché, negli anni, ha tracciato e utilizzato i dati di suoi utenti che navigavano in incognito.
La cifra di 5 miliardi è soltanto una stima e l’accordo formale non avrà luogo prima dell’inizio del prossimo anno, ma è già chiaro che questo contenzioso e il suo esito altamente prevedibile può segnare l’apertura di una fase nuova, che in futuro si spera riguarderà non soltanto aziende private (come nel caso di Google), ma anche apparati statali.
Il diritto alla riservatezza, d’altro canto, è una componente cruciale della libertà di ogni individuo. Soltanto figure del calibro del criminale nazista Joseph Goebbels hanno potuto affermare che chi non ha niente da nascondere non ha nulla da temere, e soltanto magistrati e politici dominati da logiche giacobine hanno potuto riproporre quella tesi. In virtù della propria libertà originaria ognuno di noi ha diritto – nei propri spazi – a muoversi come vuole e senza che altri l’osservino e controllino.
Chi lo vuole può certamente rendere pubblico questo o quell’aspetto di sé, ma se non intende farlo e si comporta di conseguenza, nessuno può valicare certi confini. Eppure la privacy oggi è per lo più violata. Il fatto che in quasi tutti i Paesi occidentali il segreto bancario sia stato cancellato e che ognuno di noi sia spesso costretto a rivelare (a pubblici ufficiali e non solo) aspetti particolari della propria condizione sanitaria, soltanto per fare due esempi, lede diritti fondamentali. Non a caso, sono molti i governi impegnati nel combattere il contante, che da sempre rappresenta una garanzia di anonimato e di tutela della propria riservatezza.
Su tutti questi temi c’è l’esigenza di una decisa azione da parte della giustizia, in analogia con quanto sta avvenendo in California intorno alla vicenda che contrappone Google e i consumatori. È insomma il momento che quello che viene imputato a Google sia allo stesso modo contestato a ogni altro soggetto – pubblico o privato – che si comporta in quella maniera. Tanto più che colossi privati del calibro dell’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin agiscono spesso in sintonia con taluni attori politici: com’è emerso con chiarezza in occasione dello scandalo dei cosiddetti «Twitter files» o anche quando proprio Google ha rimosso il social conservatore Parler dalla propria app Play Store.
Non soltanto siamo dinanzi a palesi violazioni dei diritti individuali. Oltre a tutto ciò, oggi dobbiamo anche fare i conti con l’imporsi di un potere pubblico-privato che unisce le élites politiche, le grandi imprese e gli intellettuali progressisti in un’alleanza che già ha causato moltissimi danni.
(fonte: https://www.ilgiornale.it/news/cronaca-internazionale/ha-tracciato-utenti-google-patteggia-risarcimento-record-2262204.html)
Gli USA hanno una grandissima dote: la CLASS ACTION che funziona. Pur essendo un Paese capitalistico al 101% quando le aziende sbagliano le castiga. In Italia putroppo non è così e non lo sarà mai. Adesso Youtube sta sospendendo centinaia di account senza motivo e nessuno parla
RispondiEliminaBasta pensare alla lotta che si fa al contante per capire che VOGLIONO sempre più eliminare il concetto di privacy. Dobbiamo vigilare con tanta attenzione.
RispondiEliminaDIFENDERE LA PRIVACY BASTA A QUESTA POLITICA LIBERTICIDA DAI CONTANTI IN AVANTI
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